Interno di una vettura SAEAI serie 1-90, fine Ottocento. Benché vi sia la scritta "CIMITERO" (destinazione della linea) i passeggeri si stanno coprendo il naso per le cattive esalazioni delle prime rudimentali batterie durante i test della marcia ad accumulatori. Il tram è già una vettura elettrica ma è ancora praticamente identica alle carrozze a cavalli. L'abbigliamento ci fa capire che i passeggeri erano tutti benestanti: ai primordi, il nuovo mezzo di trasporto era accessibile solo alle fasce più ricche della popolazione e l'accesso a bordo era consentito solo con abbigliamento adeguato. Solo in estate e sulle prime corse era ammesso non indossare la giacca, ma portarla sotto braccio!

Tram a cavalli ripreso in piazza Castello sulla linea del ponte Isabella: questa immagine ha ispirato i restauri della carrozza del 1880 che si trova esposta qui nel museo a Sassi. La prima linea tranviaria di Torino collegava piazza Castello con la Barriera di Nizza, l'odierna piazza Carducci. A fianco di Palazzo Madama, dove sorgono oggigiorno le fermate del tram, al tempo accoglieva i capolinea di tutte le linee che da qui partivano: il fulcro della rete di tram a cavalli era proprio piazza Castello.

Per approfondire si consiglia la lettura del libro "La carrozza di tutti" di Edmondo De Amicis, riedito da Atts.

Tram a cavalli della linea del Martinetto ripresi al capolinea di piazza Gran Madre di Dio. I tram sono carrozze completamente aperte e utilizzate durante i mesi estivi. Al capolinea il tranviere si occupava di staccare i cavalli da un lato per riattaccarli nella parte opposta: non era il tram a girarsi ma erano i cavalli a spostarsi. Oggi si direbbe che la vettura è bidirezionale.

Per approfondire si consiglia la lettura del libro "La carrozza di tutti" di Edmondo De Amicis, riedito da Atts.

Tram a cavalli della linea di corso Vinzaglio diretti verso Porta Nuova e ripresi in piazza San Carlo. Al tempo non esisteva nessun Codice della Strada e gli incidenti erano molto frequenti; il tram, vincolato dai binari, permetteva di prevedere dove sarebbe passato e ciò fu subito ben accolto da tutti. La marcia era generalmente a sinistra (come oggi nel Regno Unito, ma ogni città aveva le sue regole) e verrà normata a destra in tutta Italia solo con il primo Codice della Strada entrato in vigore nel gennaio 1929.

Per approfondire si consiglia la lettura del libro "La carrozza di tutti" di Edmondo De Amicis, riedito da Atts.

Vettura a cavalli estiva, completamente aperta (detta anche "giardiniera") ripresa in piazza Statuto di fronte al monumento dedicato al traforo del Frejus. Un grande vantaggio del tram a cavalli era la marcia sui binari: il confort generato dal contatto ferro su ferro, quello tra ruota e rotaia, garantiva una marcia priva di sobbalzi e senza il sollevamento di troppe polveri; al tempo infatti le strade erano o lastricate o in terra battuta e le irregolarità erano molto comuni. Sommando questo a ruote rigide e con sospensioni primitive, è facilmente immaginabile come il viaggio su una carrozza non fosse esente da infiniti sobbalzi. Il tram risolse questi problemi e si può capire come mai all'inizio fosse un mezzo élitario, che solo le fasce ricche della popolazione si potevano permettere.

Per approfondire si consiglia la lettura del libro "La carrozza di tutti" di Edmondo De Amicis, riedito da Atts.

Motrice SAEAI parte della dotazione originaria con cui la Società Anonima Elettricità Alta Italia (concessionaria italiana della Siemens) iniziò servizio nel 1898. Il tram è costruito su licenza MAN con componenti elettriche Schuckert, è lungo poco più di 7 metri ed è dotato di 4 grandi finestrini laterali dalla parte superiore arcuata. La foto risale al 1900 ed è ambientata sulla linea del cavalcavia, antesignana della prima linea 1 circolare. Da una analisi più attenta si evince che l'immagine è una enfatizzazione realizzata con il tram fermo all'interno di un deposito: i lunghi tempi di esposizione non avrebbero mai permesso di cogliere una simile scena in movimento.

Per approfondire si consiglia la lettura del libro "Torino in circolare", edito da Atts.

Motrice serie 101-150 costruita a Torino nel 1911 dalle officine Diatto ed entrata in servizio per il potenziamento della rete studiato per i festeggiamenti del cinquantenario dell’Unità d’Italia; circolerà per decenni, anche trainando rimorchi. Durante la Seconda guerra mondiale, 12 motrici della serie vengono requisite e portate a Monaco di Baviera, dove prestano servizio per il trasporto delle merci, compito che alcune unità svolgono anche a Torino negli stessi anni. Negli anni post bellici, le vetture superstiti sono gradualmente ritirate o trasformate in tram di servizio. Una motrice di questa serie, la 116, viene invece restaurata nel 1976 dall'Officina centrale Atm, che la riporta allo stato degli anni '20 e la destina a servizi speciali. La vettura è oggi il tram circolante più anziano dell'intero parco storico torinese.

Per approfondire si consiglia la lettura del libretto "Atm 116" edito da Atts.

Motrice numero 200 facente parte della serie 151-230, costruita nel 1911 su truck MAN e carrozzeria SNOS, entrò in servizio per il potenziamento della rete studiato per i festeggiamenti del cinquantenario dell’Unità d’Italia; alcune vetture negli anni Venti saranno modificate e alcune anche dotate di porte pneumatiche, ma altre verranno cedute alla Satti per i servizi intercomunali. Verranno quasi tutte demolite nel 1935 per recuperare il truck e le componenti elettriche da riutilizzare nella realizzazione dei tram serie 626-685 che a loro volta saranno reimpiegati per la realizzazione dei tram serie 2700 nel 1958-59.

Una delle tre vetture serie 151-230 modificate con l'installazione della porta pneumatica a libro e della pedana per la sua apertura automatica dall'interno. Questi tram erano nati in origine con dei cancelletti mobili ma l'Atm ne modificò tre per testare la nuova tecnologia. Il sistema della pedana resterà in uso fino alla fine degli anni Settanta e sparirà con l'eliminazione del bigliettaio da bordo. Il funzionamento era semplice: alle fermate il manovratore dava il consenso all'apertura della porta ma solo se qualcuno premeva la pedana, questa si apriva giusto il tempo necessario per scendere e poi si richiudeva per impedire la salita impropria (che doveva avvenire davanti). Qui si vede un bambino azionare la pedana, ma spesso proprio i bambini erano troppo leggeri tanto che non riuscivano a far chiudere i contatti per azionare la porta.

Nel 1930 l'Atm realizza in proprio i suoi ultimi tram: si tratta delle vetture serie 2011-2063 (a cui saranno aggiunti i due prototipi del 1929, la 2001 e la 2002 poi rinumerate 2064 e 2065), le uniche “Peter Witt” a due assi mai costruite. “Peter Witt” è il termine con cui si identifica nell’uso corrente un tram risalente al periodo tra le due guerre mondiali, dotato di una postazione fissa per il bigliettaio situata in prossimità della porta di discesa a metà vettura: una grande innovazione in un periodo in cui in molti altri paesi era ancora in vigore il vecchio sistema del “bigliettaio itinerante”. Sono passate alla storia come “ballerine” perché erano dotate di un truck a passo lungo che, data la notevole lunghezza della cassa (quasi 9 metri e mezzo), non favoriva né la stabilità né il confort di marcia. Saranno le ultime vetture a due assi per l'Atm, le successive serie saranno tutte dotate di più assi e carrelli. Un esemplare fu portato in esposizione nel giugno 1930 all’Esposizione Internazionale delle Comunicazioni nella città polacca di Poznan.

Per approfondire si consiglia il libro "Peter Witt da Cleveland a Torino" edito da Atts.

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