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Anche il capoluogo subalpino, grazie al suo contorno naturale di colline, ha posseduto molti sistemi di trasporto pubblico a fune e a cremagliera: dalla linea per Superga, alla funicolare del Monte dei Cappuccini, all’ascensore avveniristico della Mole, alle opere per Italia ’61. Queste e altre opere verranno presentate venerdì 24 ottobre al Monte dei Cappuccini, presso la sede del Museo, in orario 9,30-12,45.Storici ed esperti del settore tracceranno un bilancio, una storia e un’ipotesi di futuro per questi sistemi così diffusi anche nella nostra città. Alcuni di essi sono scomparsi velocemente, perché destinati a un uso effimero (l’ovovia di Italia ’61) o perché distrutti dalla guerra (l’impianto del monte dei Cappuccini); altri invece continuano tuttora il loro servizio. Nel convegno, ospitato nella cornice di un Museo molto amato dai torinesi, si farà il punto su tecnologia e sicurezza, sulle esperienze di una città dall’orografia difficile come Genova e sui progetti di ricostruzione di opere ormai scomparse. Tutto ciò, senza dimenticare l’aspetto storico, che farà conoscere ai partecipanti gli aspetti curiosi e “segreti” di questi servizi di trasporto così originali, spesso opere ingegneristiche. A Torino, l’esempio più conosciuto è naturalmente la tranvia Sassi-Superga, che nacque come funicolare nel 1884 e che quindi compie esattamente 130 anni, mantenendo alcuni primati (come l’utilizzo dei veicoli in servizio continuativo più antichi d’Europa); un’opera che oggi, integralmente aggiornata, trasporta quasi 100 mila passeggeri ogni anno. Anche l’ascensore della Mole Antonelliana, nato nel 1961 e giunto oggi alla terza generazione, è una delle attrazioni più conosciute di Torino. Le altre due opere, oggi demolite, rappresentano una testimonianza del passato che non va dimenticata, per capire che la “sfida” posta da montagne e colline al trasporto pubblico (turistico e non) può essere vinta con l’ingegno.

Il convegno è organizzato, con il patrocinio del Comune di Torino, da Atts, Gtt, CIFI - Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani e dal Museo Nazionale della Montagna.