La storica vettura romana 312, in passato in servizio sulla linea che portava a Cinecittà, in giro per il centro di Torino.
Visita del museo della Stazione di Sassi che ospita la collezione storica di GTT e giro sul tram 2598, per i possessori di Abbonamento Musei.
Serata su Zoom, a cura di Josè Banaudo, dedicata alla storia breve e straordinaria di un sistema tranviario molto particolare.
Attività ed esperimenti a bordo della vettura d'epoca 2595 per le vie del centro di Torino, con partenze da piazza Carlina alle ore 20, 21 e 22.
Pubblichiamo un interessante articolo, apparso sulla rivista "4 Piccole Ruote" nel numero di luglio/agosto 2022, sui tram di Bologna di cui ATTS ha recuperato un esemplare. Ringraziamo Stefania Ponzone, Direttore responsabile di 4 Piccole Ruote, Stelio Yannoulis, Presidente onorario del Fiat 500 Club Italia, e Costantino Cellie, autore del diorama, che hanno acconsentito ad inoltrarci la documentazione.
Le immagini di questo articolo sono tratte dall’opera del socio Costantino Cellie che ringrazio per la sua disponibilità e per aver fornito lo spunto per narrare questa storia antica, ma venata di grande attualità. Costantino ha raffigurato un momento preciso: domenica 3 novembre 1963, quando un tram della linea 13 fece la sua ultima corsa a San Ruffillo, una zona residenziale della prima periferia di Bologna, prima di rientrare definitivamente in deposito.
Ma come si è arrivati alla conclusione di questa vicenda? Il 2 ottobre 1880 si inaugura a Bologna la prima linea di tram a cavalli, collegando il tratto da Piazza Vittorio Emanuele II (l’unità d’Italia è relativamente recente e vige la monarchia; diventerà “della Repubblica” nel 1943 e nel giugno 1945 “Piazza Maggiore”) fino alla stazione ferroviaria. La concessionaria del servizio è una società belga dal nome impronunciabile per i bolognesi, i quali la ribattezzano semplicemente “Società Belga”. Il servizio, spartano e non di grande soddisfazione popolare, si estenderà negli anni successivi su ulteriori linee. Vicissitudini societarie e l'esigenza dell'ammodernamento dei tram porta nel 1897 ad una nuova gestione, sempre con una società belga. L'elettrificazione avvenne tra il 1903 e il 1904; nel 1914 la rete tranviaria misurava 48 km con 16 linee sparse per la città. Con questo traguardo raggiunto mutò l'aspetto di Bologna e le abitudini dei cittadini.
Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale i rapporti tra la società di gestione e il Comune di Bologna diventano difficili e tormentati a causa di disservizi e di lamentele da parte dei passeggeri riguardo la ridotta estensione della rete tranviaria, i passaggi poco frequenti e vetture poco confortevoli. Come succede anche oggigiorno, il gestore con esigenze di guadagno non riuscì a conciliare i propri interessi con quelli dell'utenza. Dopo una tribolata vicenda, nel 1924 la società acconsente ad una transazione ed il passaggio del servizio, attrezzature comprese, al Comune per una cifra di 18 milioni di lire dell’epoca (circa 15 milioni di euro attuali). L’Azienda Municipale delle Tranvie di Bologna, costituita nel 1926, realizzò l’evoluzione tecnologica e l’estensione del servizio. Nel 1939 si raggiunse la massima espansione di 82 km. Dopo la Seconda Guerra Mondiale e le distruzioni subite, si procedette alla ricostruzione e all’estensione di alcune linee, le quali saranno le ultime prima della dismissione del tram a Bologna.
Nel secondo dopoguerra mutò il corso dell'economia italiana, la quale incentrò tutto sull'automobile e la politica non mise più in campo risorse per il servizio tranviario. Le nostre città erano invase dalle auto, le quali venivano considerate la modernità e anche simbolo di libertà, mentre la rete tranviaria bisognosa di importanti investimenti, venne accantonata definitivamente nel 1953 con un piano decennale per la sostituzione del tram con autobus e filobus; iniziò così un lento, ma inesorabile declino, con dismissioni delle linee arrivando poi al 3 novembre 1963 con il diorama di Costantino.
È finita l'avventura del tram a Bologna? Sì o forse no; siamo in presenza di una gara d'appalto per una linea da attivare entro il 2026 la quale collegherà Borgo Panigale, quartiere popolare e molto caratterizzato dell'estrema periferia occidentale bolognese, al centro storico di Bologna stravolgendo tutto il tracciato del percorso di questa futura tratta. Un progetto sicuramente ambizioso, che ha già diviso tutta la cittadinanza (soprattutto quella residente nei quartieri interessati), con grandi discussioni e polemiche, ma tutto ciò lo potremo raccontare in futuro.
Costantino Cellie racconta il diorama che ha realizzato: "La scena rappresenta il tram n.13 della linea San Ruffillo, matricola 211, mentre transita da Via Toscana, in prossimità del Dazio al civico 180, dirigendosi per l'ultima volta al deposito Zucca. Ovviamente nel contesto storico non potevano mancare le nostre immortali 500, colorate e numerose. Ho creato questo lavoro su una base di 31x21 cm, su scala 1:87, che in gergo ferromodellistico si chiama H0, e il tutto è illuminato da mini lampioni alimentati a 3v. Con fatica sono riuscito a trovare un tram, che successivamente ho dovuto adattare a quello originale dell'epoca. Per ricreare il Dazio, usato nei tempi per scambio e tasse di merci, ho usato materiali di ogni tipo, dal legno al tappo di un lavandino, perché l'edificio aveva una caratteristica forma tonda".
Nella consuetudine torinese sono presenti degli appellativi non ufficializzati dalla toponomastica cittadina: senza scomodare i casi di abbreviazioni (es. corso Vittorio) o diminutivi (es. piazza Carlina), esistono proprio dei luoghi i cui nomi non si trovano negli elenchi ufficiali, come largo Marconi (lo slargo all'incrocio con via Nizza è senza nome), Rondò della Forca (l'incrocio tra corso Regina Margherita e corso Principe Eugenio) e Rondò Rivella (corso Regina Margherita e corso Regio Parco). Quest'ultimo luogo tocca da vicino Atts perché è il punto dove transita la stragrande maggioranza dei giri con i tram storici e il suo nome resta sulla bocca di tutti, spesso senza conoscerne la storia che si cela dietro.
Partiamo dal nome. Si dice "Rondò" perché storicamente è stato una rotonda negli anni Sessanta, i binari e le automobili non percorrevano corso Regina Margherita in rettilieno ma dovevano girare attorno a una isola di traffico centrale. Solo tra gli anni Settanta e Ottanta la strada sarebbe stata nuovamente rettificata, ma nell'immaginario collettivo la rotonda è rimasta. "Rivella" invece deriva dalla coppia di edifici che incorniciano lo slargo sul lato nord e apre in modo scenografico corso Regio Parco. Gli edifici sono opera dell'architetto torinese Eugenio Vittorio Ballatore di Rosana (1880-1948, già autore dello Stadium e del Motovelodromo) che li ha realizzati nel 1929 in uno stile tardo eclettico, mescolando l'impostazione ottocentesca della "Porta urbana" (l'imbocco monumentale di un boulevard urbano) con decorazioni Art Déco e un uso delle linee geometriche prossime allo stile Novecento caratterizzato anche dall'alternanza di laterizi e fasce intonacate.
Le torri Rivella in costruzione nel 1929.
Vista della torre Rivella di destra con l'insegna dell'omonima pellicceria, foto anni Cinquanta.
La committenza è attribuita a Francesco Rivella, ricco imprenditore co-fondatore del Casino di Saint Vincent (Valle d'Aosta) e proprietario di un atelier di pellicceria, particolarmente famoso negli anni Cinquanta e Sessanta, per il quale i nuovi palazzi sarebbero diventati l'imponente nuova sede (cosa effettivamente realizzata, come testimoniato dalle insegne sul palazzo lato nord-est posto al civico 98 di corso Regina Margherita, sede ufficiale dell'attività). Il successo dei suoi prodotti arrivò perché affiancò la conceria alla pellicceria, fu il primo a tingere le pelli di castoro nei colori che erano allora di tendenza e usò con maestria e in modo massiccio la pubblicità, segnando una strategia ripresa anche dai concorrenti e dando un forte impulso al settore. Grazie a questi successi, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al sig. Francesco Rivella è stata conferita il 2 giugno 1956 l'onoreficenza di "Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana", riconoscimento destinato a "ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, della economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari". Alla sua morte l'attività fu portata avanti, per poco tempo, dai dipendenti senza particolare successo. Francesco Rivella non ha alcuna biografia nota ma da alcuni documenti del consiglio della Val d'Aosta (dove è indicato "Gr. Uff. Francesco Rivella fu Bartolomeo") si evince che è figlio di Bartolomeo Rivella.
"Il signor Rivella* indossante uno dei suoi vestoni" (*Bartolomeo)
Di Bartolomeo Rivella, invece, si hanno più notizie grazie alla guida "Augusta Taurinorum. Torino illustrata nelle sue Cose e nei suoi Cittadini" che, nell'edizione pubblicata nel 1901, lo cita come "Prima Conceria e Tintoria Italiana per Pelliccerie e per Vestiarii d’ogni genere, da Automobilisti, Ciclisti, ecc." con sede in Strada del Regio Parco numero 1 e che ne racconta così le caratteristiche salienti:
"Nel 1871 l’intraprendente Rivella impiantava in Torino, su modeste basi, questa industria, e la pratica che nell’articolo si era acquistata lavorando nelle primarie fabbriche dell’estero, gli assicurarono ben presto una buona fama, che, mercé il suo attivo lavoro e l’onestà del suo trattare, egli seppe sempre conservarsi.
Il Rivella fa annualmente forti acquisti negli incanti di Londra di merce proveniente dalle Americhe, e nel suo Stabilimento la merce originaria greggia si concia, si lavora e si confeziona secondo il gusto e le richieste della sua elegante clientela. Dal più piccolo oggetto di pellicceria, come boas, manicotti, ecc., ai grandi mantelli, sia per uomo che per signora, tutto si eseguisce nello Stabilimento Rivella. E questi ebbe il merito di escogitare un genere nuovo e di riuscirvi egregiamente. Intendiamo parlare dei suoi Vestoni di vitello annerito per alpinisti, automobilisti, ciclisti, cavallerizzi, amazzoni, ecc. Corazzati di simili coperture, le intemperie non possono più influire sul nostro debole corpo, che in tal modo è reso invulnerabile e inaccessibile alle influenze del vento, del freddo, dell’acqua, della neve.
Questi lavori, di cui il Rivella garantisce sempre la ottima bontà e gli effetti promessi, ottennero ovunque un grande favore: a Parigi, a quella Mostra del 1900, dove convennero migliaia e migliaia di espositori da tutte le parti del mondo, il Rivella era l’unico che presentasse questi tipi di Vestoni di vitello annerito, e per essi otteneva il Gran Premio; a Torino, al Concorso automobilistico dello stesso anno, gli veniva conferita la medaglia d’argento.
Il Berretto di riccio Umberto I, fabbricato dal Rivella, è un non plus ultra del genere; basti accennare al fatto che il compianto Re Umberto I aggradì tanto uno di questi berretti offertogli, che volle compensarne l’intelligente industriale con uno splendido spillo portante la corona e l’iniziale reale circondata da magnifici brillanti.
E qui terminerà il nostro dire non senza tributare un elogio di cuore al solerte e benemerito Rivella, che ha saputo trovare un genere tanto utile, e direi quasi umanitario, per la innumerevole classe degli automobilisti e touristi in genere."
Il figlio Francesco sfruttò in modo proficuo l'esperienza della conceria che, affiancata alla pellicceria, gli permise di confezionare capi innovativi con cuoio e pelliccia. Da notare come la posizione della conceria del padre, sita in corso Regio Parco 1, sia probabilmente il motivo principale per cui gli edifici della nuova sede sorsero proprio qui nel 1929.
Manifesto pubblicitario anni Trenta.
Altrettanto articolata è la storia dell'evoluzione della disposizione dei binari su questo incrocio. È importante una premessa: nel proseguo dell'articolo si presenterà la situazione dei binari in alcuni momenti storici e le geometrie sono state ricavate da foto e documentazione, che purtroppo non coprono al 100% né l'arco temporale, né l'intera area. Risulta ovvio che in presenza di nuovi documenti, l'articolo potrà essere corretto o integrato. Si ringraziano i soci Atts Paolo Chiesa, Antonio Accattatis, Emiliano Aichino e Michele Bordone per il supporto fornito.
La prima linea a transitare, nell'epoca dei cavalli, sull'asse che da corso Regina Margherita porta in corso San Maurizio è la linea della Barriera di Nizza (D), dal 1879, affiancata nel 1890 dalla linea dei Viali (G) e nel 1898 si apre l'asse di corso Regina Margherita con l'omonima linea che da Porta Palazzo raggiungeva la Barriera di Casale. La linea Torino-Settimo, ante elettrificazione, viaggiava sul controviale sud di Corso Regina (a binario unico) per poi svoltare al Rondò Rivella su corso Regio Parco. Ma c’era anche l'originaria linea 4 Atm che, non potendo viaggiare sui binari della Belga, occupava l’altro controviale, a nord, da Porta Palazzo fino al rondò dove poi proseguiva nel viale centrale, in un tratto di corso Regina Margherita occupato da ben 4 binari.
Il crocevia negli anni 10 con in vista i binari di corso San Maurizio e la disposizione dei binari negli anni Dieci. In verde i binari Atm, in rosso i binari della Belga e in nero il binario banalizzato della tranvia interurbana Torino-Settimo.
Nel 1923 la rete Belga riscattata dal Comune di Torino e il 20 settembre dello stesso anno si ha l'apertura dei binari dei Giardini Reali con il transito della linea 18, prima linea della nuova rete unificata, che dall'allora viale Principessa Maria Letizia si dirigeva direttamente verso corso Regio Parco.
In questa carta si vede la situazione nel 1925, con le linee 7 e 17 che percorrono corso Regina Margherita, la linea 16 che svolta su corso San Maurizio e le linee 18 e 31 che dai Giardini Reali tagliano il corso per inoltrarsi su corso Regio Parco. L'immagine invece è del 1929 e ci presenta bene la geometria dei binari della parte est del crocevia.
La tranvia di Settimo, con l'elettrificazione del 1925, è stata spostata sul controviale nord di corso Regina (capolinea di fronte alla caserma dei vigili del fuoco) e svolta (sempre a binario unico) su corso Regio Parco.
Vista delle torri Rivella, appena costruite, da corso San Maurizio, anno 1929/30.
Nel 1939 la linea per Settimo fu ceduta dalla STEP al Comune di Torino attraverso la SATTI nell'ambito di un piano di riordino delle tranvie intercomunali torinesi. Con la nuova gestione si modifica anche il capolinea che viene spostato da corso Regina Margherita all'Autostazione Dora, si posa quindi un binario di raccordo che percorre le vie Fiochetto e Gené e i binari vengono razionalizzati.
L'immagine e il relativo schema dei binari raffigura la situazione tra il 1939 e il 1955 con i binari di corso San Maurizio con lo spostamento del capolinea della linea Torino-Settimo all'Autostazione Dora con la conseguente posa di un binario di raccordo su via Fiochetto.
Il 19 novembre 1955 avviene la chiusura dei binari di corso San Maurizio con la deviazione della linea 16 su via Rossini e corso Regina Margherita. In questo momento storico avviene la creazione della rotonda e si può quindi datare il conio del termine "Rondò Rivella".
Stessa inquadratura un decennio dopo, notare i binari di corso Regina Margherita non più rettilinei ma che si allargano per la rotonda.
Cartolina con vista di corso Regina Margherita con il "rondò".
L'asse dei binari di corso Regina Magherita viene interrotto da una rotonda che collega i binari dei Giardini Reali e di corso Regio Parco. Così resterà fino ai primi anni Ottanta, quando la costruzione della linea 3 di metropolitana leggera e il futuro arrivo dei tram serie 7000 impongono una serie di modifiche alla rete al fine di garantirne la circolabilità. I tram serie 7000 hanno un raggio di curvatura minimo di 25 metri, oltre 10 metri in più rispetto al resto dei tram in circolazione (serie 2500, 2700, 2800 e 3100).
Il primo intervento riporta i binari rettilinei dell'asse di corso Regina Margherita, poi all'arrivo dei due prototipi 7000 e 7001, al fine di rendere accessibile il tratto di corso Regio Parco per le prove, si realizzano due raccordi diretti che tagliano la rotonda: con i loro 25 metri di raggio minino, i tram non potevano percorrere la perimetrale. Vengono aggiunti anche dei flessi per permettere l'inversione di marcia ai nuovi tram bidirezionali. Il raccordo che da corso Regio Parco svolta a sinistra in corso Regina Margherita resterà in opera fino al 1992, quando i lavori di rinnovo binari lo elimineranno, contestualmente alla dismissione dell'impianto a lato del Cimitero Monumentale. Durante questi lavori di rinnovo viene posato il nuovo binario di scarto su corso San Maurizio, quasi a ripercorrere il vecchio sedime dell'impianto dismesso nel 1955. I tram serie 7000 potevano percorrere esclusivamente i binari di corso Regina Magherita, il binario di scarto su corso San Maurizio e potevano arrivare sul ponte di corso Regio Parco ma solo arrivando dal fiume Po.
Schema dei binari nel periodo tra il 1987 e il 1992; più a sinistra una foto di un tram serie 7000 ripreso nel 1994 al Rondò Rivella, poco dopo i lavori al rinnovo dei binari.
Oggi l'impianto dei binari presenta una rotonda tranviaria completa con l'attraversamento diretto dell'asse di corso Regina Margherita e un tronchino di scarto su corso San Maurizio, presente solo arrivando da Porta Palazzo. Vi sono 9 scambi di ingresso e 8 di uscita, due scambi sono manuali, tutti gli altri con impianto a radiofrequenza. Il raggio interno nella rotonda è compreso tra 17 e 18,5 metri.
L'ultimo intervento ai binari sul Rondò Rivella è avvenuto nel luglio 2017 quando è stato sostituito uno scambio e un tratto di binario pesantemente rovinato nella perimetrale nord. L'immagine a lato fa riferimento alla fase iniziale dei lavori.
Rondò Rivella resta così un toponimo misterioso, una rotonda solo più tranviaria e un crocevia dalla ricca storia ma dalla poca considerazione di turisti e guide: un vero peccato, considerato che si trova a due passi dalla centralissima piazza Castello.
Michele Bordone-Roberto Cambursano-Luca Giannitti
Peter Witt from Cleveland to Turin
The Turin class 2500 tramcars and their look-alikes
Libro in inglese
156 pagine
20,00 € / 15,00 € prezzo scontato soci Atts
2022, ATTS editore
ISBN 978-88-946249-5-3
Traduzione in inglese del libro pubblicato nel 2020 con alcune integrazioni rispetto alla prima edizione. “Peter Witt” è il termine con cui si identifica nell’uso corrente un tram della generazione risalente al periodo tra le due guerre mondiali, dall’elegante profilo squadrato e dotato di una postazione fissa per il bigliettaio situata in prossimità della porta di discesa a metà vettura: questa tipologia di veicolo, oltre che nel paese di origine (gli Stati Uniti d’America), ebbe particolare diffusione in Italia, dove alcune città ne immisero in servizio ingenti quantità a partire dagli Anni Trenta del Secolo scorso, in un periodo in cui in molti altri paesi era ancora in vigore il vecchio sistema del “bigliettaio itinerante”. La città di Torino ha avuto, dopo Milano, la seconda più grande flotta di “Peter Witt” in Europa: questi tram hanno circolato regolarmente fino all’inizio degli anni Ottanta e hanno dato origine, con successive trasformazioni, alle motrici articolate ancora oggi in servizio. Questo libro, dopo aver tracciato l’evoluzione storica e tecnica delle “Peter Witt” nel mondo, si concentra sull’esperienza di Torino. Vengono trattati i tram delle Serie 2000, 2100 e 2500, attraverso la descrizione delle loro caratteristiche tecniche e delle loro modalità di impiego sulla rete cittadina nelle varie fasi storiche. Ampio spazio è dedicato alla Serie 2500, con il racconto del recupero e del restauro delle tre motrici 2592, 2595 e 2598 che fanno parte dell’attuale flotta torinese di tram storici circolanti e che vengono regolarmente impiegate sulla linea circolare 7 gestita da GTT. .
Parata di tram realizzati con il Lego nel padiglione della mostra ed esposizione del bus a due piani davanti all'ingresso del parco Le Serre di Grugliasco .